08 June, 2009

giravolte journal - La Rencontre des Labos - Luglio 2006

Questo caleidoscopico incontro internazionale si è svolto a Bruxelles al cinema Nova lo scorso dicembre dopo un anno di ricerche e serrati contatti tra singoli filmmakers sperimentali e gruppi dei laboratori artigianali. Oltre un estenuante raccolta di fondi per sostenere la logistica,gli spazi e l’ospitalità dei partecipanti. Il Nova è ben piazzato nel centro della città dove da nove anni resiste alle pressioni che ne vorrebbero fare un cinema multisala o un posto per eventi. Gli organizzatori e collaboratori sono tutti volontari, in tutto una trentina con un gruppo hard core di nove persone tra cui la film-attivista italiana di Bruxelles Katia Rossini, che da anni scandaglia anche l’Italia in cerca di cinema indipendente e sperimentale da inserire nella programmazione. Il Nova è uno di quei pochi cineclub con programmazioni di culto da esportazione planetaria. Una recente Nunsexplotation che comprende School of the holy beast del maitre del pink cinema Norifumi Suziki è un buono spunto per dribblare il cardinal Ruini & co e concedersi una pausa nella programmazione del documentario italiano che ormai imperversa ovunque. Gli organizzatori ci tengono a precisare che in questo caso non si tratta di un festival ma di un incontro, dove si vedere e scoprire film, ma soprattutto confrontarsi e discutere su lo stato del cinema sperimentale artigianale, la sua conservazione e diffusione e tracciarne una mappatura per le prospettive future. Per artigianale s’intende il cinema che esce dai laboratori gestiti dai filmmakers stessi dove si può usufruire di servizi come l’affitto di cineprese, sale di montaggio e truke ma soprattutto è possibile affrontare con poca spesa la parte più costosa, sviluppare e stampare da sé le pellicole. Realizzare in totale indipendenza dal mercato le proprie visioni cinematografiche sperimentandone non solo l’estetica ma anche la miscela chimica. L’apprendimento spesso avviene frequentando i laboratori, i prezzi sono poco sopra i costi vivi. Luoghi ben organizzati per produrre pellicole per performances, installazioni e film, l’expanded cinema. Molti dei gruppi si occupano anche di diffondere i lavori, organizzare rassegne, pubblicare riviste. Il programma della Rencontre è fittissimo, da proiezioni al cinema ad installazioni allestite accanto al Nova nell’ex negozio di tappeti Persepolis con grandi vetrine sulla strada, fino al centro De Waterman dove si tengono le riunioni. Al Nova cineasti e gruppi vari riempiono la sala per le proiezioni e il bar dove ci si incontra e si cena. Un’atmosfera molto accogliente, si fuma, si fa amicizia, si discute ampiamente sul cinema sperimentale e non, a turno si offre da bere finché suona la campana per avvisare l’inizio della prossima proiezione. Quindi da operativi cheerleaders della pellicola tutti in sala trafugando dentro i drinks. Le dense compilations dei film proiettati vanno dagli storici 16mm di Henri Chopin a un lisergico Towers open fire di Antony Bach fino ad approdare a Visa de censure di Pierre Clementi,un cangiante documento sulla condivisione fisica e spirituale made in 1968. In K Desert Frederique Devaux rianima pellicole con scenari nord africani e ne lavora i fotogrammi uno ad uno facendo poi emergere gli esotismi degli spazi della banda sonora e delle code deragliando tra un frame e l’altro con fini giochi di truke. The First Round Danse di Masha Godovannaya gira intorno ad una bambina che balla in strada per raccogliere soldi, con lei si intravede una Leningrado che arranca verso la modernità liberista. Terzo film sperimentale di questa cineasta formatasi a New York tra il Brooklyn College e l’Anthology Film Archives. Airway to Steven di Paulo Abreu è un fantastico montage sulle nuvole e l’ascensione quotidiana ritmato da un improbabile versione di Stairway to Heaven. The Reality Tunnel di Edgar Pera spiega in 7 minuti com'è che si rimane incastrati nell’idea indotta di normalità, footage di industriali su scienza e medicina anni 50 e oltre con voce narrante in impeccabile stile dipartimento scuola educazione. E cosi via con le altre compils 3-4 volte al giorno. “Lo conosci Nicolas Ray?” certo, rispondo.“Arriva stasera!” . Non oso chiedere spiegazioni. Continuando la conversazione con i primi conosciuti Karen Mizra e Brad Butler scopro che N.R. è stata una persona fondamentale nel sostegno logistico e il supporto tecnico per l’allestimento della loro lab londinese,la No.w.here Lab, che hanno fondato e organizzato raccogliendo l’eredità della mitica London Filmmaker’s co-op. Karen e Brad loro stessi filmmakers e artisti, iniziano il laboratorio per necessità, a Londra è difficile e particolarmente costosa l’autoproduzione in pellicola. Raggruppano quindi un po’ di persone interessate al cinema d.i.y., artisti e curiosi, ed investono ore del loro tempo per scovare i macchinari necessari. Trovano un posto che diventerà la sede, organizzano corsi di formazione per chiunque voglia cimentarsi con la regia e produzione in pellicola super 8 e 16mm, promuovono incontri sul cinema sperimentale e la cultura contemporanea e cominciano ad arrivare i fondi dalla città da istituzioni e fondazioni. L’assurdo dubbio su Nick Ray si dipana quando conosco Nicolas Rey, cineasta, che non a caso nella sua biografia ci tiene a sottolineare la casuale omonimia. Anche lui sembra si sia fatto le ossa con la old school della Cellule d’intervetion Metamkine, storico gruppo di Grenoble che mise su la labo MTK alla fine degli anni 80, dopo aver appreso i segreti dalla lab Een di Rotterdam, e da allora divenuto un riferimento per l’expanded cinema e la musica sperimentale. La loro esperienza in quel periodo diede luogo poi al moltiplicarsi delle Labos in giro per la Francia. Le loro performance sono quanto di più vicino tra il cinema e un concerto, a volte punk rock come nel caso di Mtk/Ad Libitum o un solo quasi jazz come la perfomance di Xavier Querel entrambi visti qui a Bruxelles. I quattro Mtk/Ad Libitum,usano il rumore dei proiettori amplificato come fossero bassi e chitarre, fender truccate. Rimandi e accenni sovrapponendo ognuno le proprie pellicole sullo schermo in un discorso poetico comune e oltre le rime, intervenendo a mano libera con vari obiettivi e filtri sulla luce emessa dal proiettore. Momenti di battaglia, armonie, pause dove anche assoli di immagine e audio trovano spazio. Xavier Querel invece siede da solo sotto lo schermo, maneggia un amplificatore e un proiettore, lo accende e assistiamo ad una proiezione su un piccolo schermo artigianale montato sul proiettore e rivolto verso gli spettatori. Una poetica cromatica aspra e malinconica ricomposta da found footage, scampoli di dialoghi, suoni e rumore usati nella loro distorsione. Rallenta e il piccolo schermo che guarda lo spettatore si squaglia, sparisce, la pellicola è bruciata. Cinema dal vivo…ciò che impressiona, che non si è più abituati. Guy Sherwin è un fautore di effetti speciali artigianali live. Riprende Man with Mirror una sua performance filmata del 71, dove con l’aiuto di uno specchio tagliava in più parti l’immagine di sé ridefinendo lo spazio intorno. Vengono in mente le prime video performance di Vito Acconci e Dan Graham che nello stesso periodo sperimentavano lo spazio pubblico e privato usando specchi e vetri. Adesso in sala Guy proietta quel documento su uno stesso specchio che maneggia rivolto verso il pubblico. Le mani di oggi incontrano quelle di allora, una sinuosa destrutturazione e ricomposizione che passa attraverso il corpo giovane e maturo del performer. Il ritmo dei movimenti svela e ricompone le parti mantenendosi incredibilmente a sincrono con la proiezione che vediamo riflessa. Un continuo mettersi a nudo e celarsi, un distillato di percezione tra realtà e finzione. Un labirinto del Dottor Caligari in B&N effetto fluo è Filmatruc, l’installazione di Silvi Simon e Laurence Barbier piena zeppa di macchine ottiche in continuo movimento. Mani lunghissime che si sporgono per non agguantarci, dita che si avvicinano, gomiti che avvolgono angoli, sculture di fil di ferro montate su aggeggi roteanti attraverso le quali si proietta per poi mirare la figura longilinea lassù sull’angolo del soffitto. Un esperienza tattile e sfuggente che pigia anche sugli sguardi laterali. La sensazione è di trovarsi agli albori del cinema, dove con la luce filtra la magia, l’intuizione, e il rumore del proiettore ti solletica per alzarti dal pavimento. Reduci dal concerto della rock band degli Ex, che il Nova ha organizzato durante La Rencontre, come ogni spazio sperimentale che si rispetti, di domenica è la volta di Pensiero Cinematico un affiatato gruppo di filmmaker, musicisti, prestigiatori e cuochi che occupando tutto lo spazio del bar danno il via alla loro performance Cucinema. Coinvolgono i partecipanti a fare la pasta, preparare la zuppa e i fagioli, capirne la cottura, odorare le spezie, fanno te e caffè a volontà per chi intanto interviene con pennarelli e trasferelli sulle pellicole di found footage disposte sul tavolo. Più tardi si mangia e si beve mentre viene proiettato il film collettivo realizzato nel lungo pomeriggio. Una domestica visione del fare cinema che hanno messo a punto durante gli happening nel loro laboratorio di Genzano e che fu intercettata dal Tekfestival nel 2004. Con gli incontri, il primo passato a presentarsi uno per uno, si è focalizzato sulle dinamiche organizzative e le politiche dei singoli laboratori e gruppi. Per passare poi all’analisi delle convergenze per alcuni o delle incolmabili differenze per altri tra il cinema digitale autoprodotto e l’uso artigianale della pellicola. Da sempre Abele e Caino del fare cinema indipendente come pronosticò JL Godard qualche decade fa. Esther Urlus di WORM Filmmwerkplaats di Rotterdam, simpatica ragazza in cinta di sette mesi, racconta che da loro se sai usare le macchine e miscelare per lo sviluppo e stampa bene, sennò l’unica chance è ronzare intorno a qualcuno sperando che sia dell’umore giusto per trasmettere il suo know how. All’Abominable di Parigi vige sia il sistema fai da te che la possibilità di iscriversi a dei brevi corsi, anche per film senza cinepresa, imparare le basi e poi lanciarsi nell’esperienza alchemica. Pip Chodorov presenta la sua ultima iniziativa, oltre alla nota società di distribuzione di cinema sperimentale re:voir, una galleria d’arte per film sperimentali appena inaugurata a Parigi, la Film Gallery. Da molti è discusso il fatto che i film sperimentali non abbiano l’accesso adatto nel mondo dell’arte contemporanea, dove soprattutto in Francia a livello curatoriale si fa ancora un’eccessiva distinzione tra film d’artista e film sperimentali non riuscendo a tracciarne una cartografia spesso comune. Mentre a Napoli la Fondazione Morra organizza da qualche anno una raffinata e autarchica rassegna di cinema sperimentale in ambiti di arte contemporanea ospitando curatori e cineasti internazionali, sotto il nome di Independent Film Show. Anche l’Exis Festival di video e cinema sperimentale di Seoul, presente al Nova con un folto gruppo di attentissimi coreani, ha un programma più che trasversale di film d’artista e cinema sperimentale, non oltre. Gli incontri si chiudono con l’intento di costruire una piattaforma su web per il cinema sperimentale e la creazione di un sito che avrà varie funzioni, dall’informazione su festival rassegne e proiezioni, alla diffusione dei film e delle programmazioni, al coordinamento per la raccolta dei fondi allo scambio sia pratico che teorico tra i vari gruppi. Ci si chiede con i ragazzi di Pensiero Cinematico se sia possibile iniziare un laboratorio di cinema sperimentale per far crescere questo genere di cinematografia artigianale che in Italia sembra quasi scomparso. Anni fa ci provò Stefano Canapa a Torino, con la Super 8 Mon Amour. Da qualche anno è residente a Parigi e collabora con l’Abominable. Intanto il Tekfestival e il Nova stanno collaborando per una rassegna sulle migrazioni che svelerà film e video scelti il prossimo Maggio al festival a Roma.