08 June, 2009

Rolling Stone Italia - Beasties (R)evolution - Aprile 2007

“Ci siamo conosciuti intorno al 1980 tra i concerti dei Black Flags e Ramones e i clubs come il Tier 3, l’87 e il Cbgb”. Gli inizi dei Beastie Boys li rintracciamo in un incontro con Adam Yauch, MCA, in occasione della presentazione del loro film musicale Awesome:I fuckin’shot that alla Festa di Roma. Ci rivediamo dopo un anno e mezzo dalle riprese che ho realizzato con Adam per il video di All Lifestyles. Una giornata di guerrilla shooting in granoso Super 8 bianco e nero con i Beasties che sfoggiavano outfits mods in giro per le locations della dolce vita romana. Sfuggendo, sulle lambrette di scena, ai paparazzi in cerca di star presenti in città per gli Mtv Awards. Apparte un po’ di panico per un piccolo incidente di uno dei Beasties nel traffico caotico di Piazza Venezia la giornata di riprese fu operosa ed ilare. “All’epoca a New York nella scena punk rock si seguivano molto Blondie, Richard Hell & The Voidoids, Dead Boys, la gente era più grande e c’erano molti tossici, noi eravamo parte di una scena minore di quattordici quindici sedicenni concentrati più su band come Minor Threath, The Stimulators, Circle Jerks, Reagan Youth. Era una scena molto mista, ispanici bianchi afroamericani, street kids, altri middle class, alcuni che andavano a scuole private. Nel periodo in cui i Bad Brains si trasferiscono da Washington D.C. e altre piccole band come Xtc Control vengono a suonare più di frequente a New York si formano I Beastie Boys. C’era un tipo Dave Parson che lasciato il suo banchetto di dischi punk su Astor Place, dove andavamo spesso , e apri’ il 17-18 un negozietto con qualche crates di dischi (contenitori per la consegna del latte) e un piccolo studio di registrazione, il Ratcage. Era in un seminterrato entravi da una di queste porte di metallo che si vedono per strada e scendevi per una scaletta fatiscente. Qui vivevano i Bad Brains e noi pischelli ci andavamo tutti i giorni. Finimmo per registrare il nostro primo disco punk. Il primo show è stato a casa di questo tipo John Berry, era il giorno del mio diciasettesimo compleanno. Dave Parson poi decide di mettere su un’etichetta e con lui sforniamo il primo album e cominciamo a suonare dal vivo aprendo per i Bad Brains”. “Niente male come inizio, accanto ai punk rockers afroamericani che hanno ispirato le gesta di Henry Rollins”. “Yeah, I guess…”. Risponde Adam ridendo. “Nello stesso periodo ho cominciato ad usare una Super8 e negli show proiettavamo dietro di noi le immagini montate a casa con gli splicers minuscoli e la steenbeck a manovella”. “Nel frattempo parte di questi gruppi sfoceranno nella scena hard core newyorkese, a noi viene a mancare il chitarrista e Adam Horowitz, Ad Rock, entra nel gruppo. Con Adam cominciamo a provare un po’ di roba alla Siouxie and the Banshees e ad ascoltare hip hop. Una volta mentre eravamo in studio registriamo un joke hip hop record con una versione reggae sul lato b, Beasties Revolution. Nel 1983 lo facciamo uscire come 12”, Cookie Puss. In studio cazzeggiando buttavamo giù rime hip hop poi abbiamo cominciato a fare del rhymin’ dal vivo, Mike D suonava la batteria, la nostra batterista suonava il basso, io e Adam al microfono. Cosi’ siamo scivolati nell’hip hop e abbiamo preso Rick Rubin come dj che aveva appena sfornato un grande successo con T-La Rock. Rubin entra in società con Russel Simmons e formano la Def Jam, l’etichetta con la quale registriamo Licensed To Ill. E mi occupo per la prima volta di un music video. Comprai una videocamera vhs che erano ormai a prezzi accessibili, e organizzato un set furtivo per strada ci mettiamo a fare del lipsynch con amici vari che entravano e uscivano dall’inquadratura. Un amico si occupò di montarlo e usci’ il video di Holding out nel 1987. Preso dal divertimento con la videocamera scrissi una sceneggiatura per un ridicolo film sui Beasties che volevo dirigere, una commedia clichè tipo Abbott e Costello o Jerry Lewis. La storia era che uno di noi ereditava una casa piena di fantasmi (Hunted house) e per ottenere l’eredità dovevamo rimanere insieme nella casa per una settimana” . “Suona come perfetto per voi”. L’estate del 1987 appena maggiorenne la passo a New York, con gli occhi e le orecchie all’erta mi immergo nella brulicante vita downtown. Keith Haring apre il suo negozio Pop Shop, Wigstock sforna fermento transgender, Scotta La Rock complice di KRS One nella Boogie Down productions viene assassinato, i party di Suzanne Bartsch danno senso alla visione glitter della vita cosi’ come le vetrine di Pat Field, il mitico Paradise Garage mi illumina di immenso prima di chiudere i battenti. “Andai al Madison Sq. Garden per vedere voi e Run DMC, ero con un androgino amico giapponese, tra i pochi non afroamericani. Avevo i capelli cortissimi bleachati bianco gesso, come il fondotinta, e labbra rosso scuro. Oltre alle inseparabili doc martins con la punta di ferro. Entrando al Madison più di una persona mi additò esclamando: That’s Madonna!! Che io non sopportavo e grugnivo in inglese stentato. La folla di B boys e girls con i luccicanti denti d’oro e le megaunghie era stupefacente e trascinante quando non intimoriva un pò. Uno show adrenalinico tra giubilo e smaltita. Ne uscimmo eccitati e illesi”. “Posso immaginare, una teenager italiana appena arrivata a New York ad uno show hip hop al Garden, …wow!” . “E c’era anche il super entusiasmo per le go go dancers che si dimenavano nelle gabbie appese sopra il vostro stage”. “Si quella sembrava un’idea d’effetto ma anche piuttosto stupida, a vedere le reazioni del pubblico. Noi pensammo alla cosa più ridicola che potessimo fare ma molta gente la prese come roba seria. Anche Fight for Your Right to Party fu fatta come un gioco ma diventò cosi’ popolare che l’audience era piena di jock boys, tipi da football e ettolitri di birra, gente che in genere cerca rogna. Cosi’ malgrado le nostre intenzioni ci siamo ritrovati molto di questo pubblico stronzo e machissimo”. Quel periodo fu il nostro breakthrough. “C’erano alcuni posti dove si ascoltava buon hip hop, mi ricordo un party settimanale su un tetto di una scuola o qualcosa del genere nell’East Village nei pressi di Houston e la 1th St., il pubblico era molto misto, Crazy Legs e altri breakers ogni tanto facevano qualche performance”. “Si, si chiamava il Cuando ci andavo spesso, aveva una buona energia”. “Dietro l’angolo c’era l’afterhours Save the Robots, con la sabbia al piano superiore pieno di fuori di testa, Russel Simmons era una presenza fissa”. “the Robots era un altro di quei posti…assurdi. Immagino che Russel abbia cercato di rimorchiarti…”, “Ma più o meno, la tipa con cui ero uscita per fortuna era più appariscente di me”. “Al Nell’s il giovedi ci andavi?”. “Si non era male, dj bravi e divani super comodi. Un sacco di haitiani con dreadlocks che si volevano sposare con ragazze giapponesi danarose, avevano un sopranome che non mi ricordo”. “Poi apri’ The World nell’East Village”. “Si la sera dell’apertura suonavate, c’era una marea di gente fuori ci misi un po’ ad entrare, ad un certo punto tu e Ad Rock faceste capolino dal terrazzo con i microfoni. Poi riapri’ il Roxy con il fantastico ring per pattinatori disco”. “In quel periodo ci trasferimmo a Los Angeles mettemmo su uno studio e lavorammo a Paul’s Boutique con i Dust Brothers. Mi occupai molto dell’artwork per l’album, scrivevo idee per i video e cominciavo a collaborare con i registi. Lo pseudonimo Nathaniel Hornblower viene da quel periodo. Non volevo ripetere il mio nome per le foto e la copertina cosi’ mentre scrivevamo i credits usci’ fuori questo nome. Nelle interviste aggiungevo notizie sulla sua vita, una sorta di pastore alcolizzato originario di Oppenzell da qualche parte in nord Europa. Agli Mtv awards per Sabotage mi vestii con un outfit da montanaro svizzero, con parrucca e basette rosse. Quando annunciarono che i vincitori non eravamo noi andai dritto sullo stage a gridare come tutto ciò fosse un scandalo. Qualcuno avverti’ la security che ero io mentre avevo la testa già oltre l’uscita.” . “Mi ricorda gli awards del 1999 quando Jim Carrey fece uno show simile per la premiazione di Truman Show, vestito da biker californiano cominciò a blaterare dal palco mentre si fumava una canna. E’ quasi un plagio!”. “Davvero!" Da quando Nathaniel è entrato nella mia vita ho collaborato sempre per i video, in Check Your Head, Ill Communication, Hello Nasty, soprattutto quando lavoro con amici come Spike (Jonze). “Hello Nasty è in qualche modo geniale come titolo, chi li decide?”. “Tutti e tre, si apre sempre un dibattito tra di noi. Hello nasty è venuto dalla nostra agenzia di p.r. che si chiama Nasty Little Man (Piccolo uomo cattivo) capitanata da Steve Martin. Qualcuno lo chiamò cosi’ una volta e lui pensò fosse un nome appropriato per la p.r. firm che stava aprendo. Mentre lavoravamo all’album c’era una intern giapponese che ogni volta che rispondeva al telefono diceva con una voce innocente: “Hello, Nasty…”. Diventò il modo in cui anche noi rispondevamo al telefono, fino a diventare il titolo dell’album. Ho un sacco di Super 8 dai tempi di Cookie Puss, compreso quello che hai girato tu a Roma e che sfumata la possibilità di produrre un video per ogni pezzo di To The Five Boroughs sta fermentando per un film in Super8 sul gruppo. Oltre a questa idea adesso che c’è l’Oscilloscope (casa di produzione e studio di regitrazione messo su da Adam) sto lavorando ad un film sui graffiti writers a New York nei primi anni ottanta”. “Tu eri un writer?”. “Non veramente, i miei amici si, mi è capitato di andare con loro a svuotare qualche bomboletta, era l’ambiente in cui sono cresciuto. La maggiorparte veniva comunque da quartiere tosti. La storia si svolge nel 1981. I personaggi del film sono quindicenni di provenienza diversa, ispanici, bianchi, afroamericnai alcuni street kids altri più borghesi che come in quegli anni escono pronti a fare bombin’ insieme. Oggi i teenager writers provengono più dalle art schools, anche lo stile è meno ruvido si vedono graffiti in qualche modo più figurativi, è più un modo per arrivare nella scena dell’arte. All’epoca lo stile era più calligrafico ed era una pratica legata al modo di vivere, si innescavano battaglie tra writers su chi andava più in alto e realizzava i graffiti più impressionanti. Sto già lavorando al casting con Ulysses Torrero da cui vanno i casting director quando cercano protagonisti sconosciuti, i suoi casting informali sono anche stati usati per Kids e Raising Victor Vargas. Infatti cercare gli investimenti non è facile, non cerco star per il casting perché voglio che sia credibile. Per le locations abbiamo sentito l’Mta (Manhattan transfer authority) e non stanno cooperando affatto anzi sono totalemnte paranoici al riguardo, hanno paura che ricominci di nuovo un ondata di writers che si aggirano per i tunnel della subway”. “Non mi sorprende, hai già un titolo?”. “Si, Of toys and kings”. “E’ curioso che tutti e due guardiamo a quel periodo e alla nostra adolescenza. Come se ad un certo punto formulassimo il nostro vintage personale. Da qualche mese sto preparando un film sulla scena D.i.Y. punk-new wave a Roma tra 1982 e il 1987. Avevamo un gran da fare perché a Roma non trovavi neanche un paio di jeans neri stretti come volevi, si cuciva e tingeva tutto per rendere i vestiti consoni allo stile che ognuno, gelosamente, sprigionava in giro per la città. Oltre a caricare di richieste chiunque andasse a Londra per riportare introvabili dischi, fanzines, riviste, crazy colors per i capelli e le creepers”. “Quella era l’attitudine che avevamo anche noi, un sacco di roba l’inventavamo di sana pianta”. “Ma si in qualche modo è stata l’ultima grande fase del Do It Yourself, un momento di crossover e grande invenzione”. Mentre Adam scambia chiacchere buddiste tibetane con Richard Gere e il tavolo accanto di baldanzose signore francesi cerca di attirare l’attenzione del divo, penso all’attitudine del fare da te e a come i Beasties abbiano ancora messo in pratica l’idea. Distribuendo una cinquantina di videocamere vintage Hi8 ai loro fan per la realizzazione di Awesome, per poi montare quei preziosi punti di vista. Quando si assume un’attitudine per lungo tempo è difficile uscirne fuori, dice un popolare adagio americano a proposito di vizi e virtù.